Accettazione è un termine che solo a pronunciarlo mette i brividi perché, anche se così non è, nell’immaginario comune viene erroneamente confuso con il termine rassegnazione nella sua valenza più negativa.
La rassegnazione è, secondo il vocabolario Treccani: “Accettazione della volontà altrui anche se contraria alla propria; disposizione dell’animo ad accogliere senza reagire fatti che appaiono inevitabili, indipendenti dal proprio volere”. Come si può ben dedurre, l’accettazione è un atto che precede la rassegnazione; infatti lo stesso vocabolario, dà questa spiegazione del termine accettare: “Consentire ad accogliere, a ricevere quanto viene offerto o proposto”.
Insomma, per potersi rassegnare, occorre prima accettare di accogliere ciò che la vita porta ma, come ben sappiamo, nell’essere umano è insita l’arte della guerra per cui l’istinto è pronto ad incentivare a disotterrare l’ascia di guerra per combattere in una lotta… contro i mulini a vento.
I nostri più grandi dolori vengono amplificati in noi da una resistenza all’accettazione che ci conduce a cercare inesistenti nemici da combattere o, ancor peggio, che fanno nascere in noi fantasiose e disastrose certezze nell’accanimento di un fato contrario alla nostra stessa vita.
Moltissime sono le occasioni di non accettazione di ciò che è, indipendentemente dalla nostra volontà. Non accettiamo di aver perso il lavoro, non accettiamo che il nostro amore, così forte e tenace, non sia ricambiato, non accettiamo le scelte di chi amiamo se differiscono dalla scelta che vorremmo fare noi se fossimo al loro posto, non accettiamo di fallire sia materialmente sia in un progetto su cui, magari abbiamo investito tempo, energie e denaro, non accettiamo miriadi di cose fino a giungere alla non accettazione derivante dalla perdita di qualcuno che amiamo profondamente.
Se ci fate caso, in tutti gli esempi portati, l’accadimento doloroso è fuori dal controllo di chi soffre e dipende o da altri o dalla vita stessa ma noi viviamo costantemente nell’illusione del ‘voglio quindi posso’ mal inteso. Meglio sarebbe dire: “voglio quindi posso se la cosa dipende esclusivamente da me” ma se ciò che accade è fuori dalla nostra giurisdizione, poco potremo fare per porvi rimedio.
Nella continua tensione di combattere gli accadimenti che non ci piacciono ci sfibriamo esattamente come accade nel tendere quando occorre invece rilassare ed esauriamo inutilmente la nostra energia in un combattimento già perso prima ancora di iniziarlo.
Che fare allora? l’unica soluzione è accettare ciò che è successo impiegando le nostre residue energie nel vivere il nostro dolore che dobbiamo accogliere in noi fino a quando non esaurirà la sua carica lasciandoci finalmente liberi di tornare a godere appieno di tutti i magnifici doni che la vita ci offre.
Dobbiamo solo constatare che in quel momento la nostra casa è crollata per poi, con molta buona volontà e buon senso, ricostruirla su nuove e più solide fondamenta.
Se accetto il sole, il caldo, l’arcobaleno, devo accettare anche il tuono, il fulmine e la tempesta. Khalil Gibran
Nella dualità della vita terrena, nulla può esistere senza il suo contrario e noi, Nati per Sorridere, sappiamo perfettamente che dovremmo accettare con un sorriso anche gli avvenimenti più dolorosi perché solo dalla tensione tra il bello ed il brutto nasce l’arte così come solo dalla tensione tra piacere e dolore si accede ad una evoluzione personale che nella calma piatta di una vita informe non potrebbe realizzarsi.
Il sorriso stesso è mediazione tra lacrime e risate ed accettare ciò che capita senza esagerare le reazioni sia nel bene sia nel male, è l’unica strada per continuare a sorridere.