Maschio alfa predomina… e il maschio omega che fine fa?
Ultimamente ho avuto l’occasione di vedere dei bellissimi documentari sugli animali: gli albatros che si fanno le coccole, le formiche che con strategia napoleonica assaltano i formicai altrui, le scimmie che buttano i rami in testa ai leoni per non farli arrampicare sul loro albero, i paguri che si mettono in fila in ordine decrescente per scambiarsi le conchiglie che usano come guscio. Momenti straordinari, riprese stupefacenti.
Lo spettacolo ricorrente però è questo: la lotta per le femmine, prerogativa di società bestiali in cui c’è un maschio, denominato scientificamente “alfa” come il famigerato angolo del cerchio goniometrico, che dopo varie prove di forza si accaparra tutte le femmine del branco assicurandosi la discendenza.
Nel film “African cats” c’è la triste storia di un vecchio leone con una zanna rotta che, dopo decenni di onorata professione come padrone di harem, viene spodestato da un gruppo di giovani ed impietosi leoni dalla criniera folta. Costoro, approfittando della stagione secca, guadano finalmente il fiume fatale che li aveva tenuti lontani fino a quel momento. Il film si chiude con la visione del mesto felino che al tramonto s’inoltra nella savana per non tornare mai più.
In altri documentari il gigantesco maschio di otaria, segnato da gloriose cicatrici, soccombe dopo una settimana di strenua lotta al giovane pretendente aiutato, quando già il duello volge a suo favore, da altri maschiotti traditori. Lo sconfitto, sanguinante, va a morire tra le canne.
E i babbuini? I babbuini sono infidi: prima si ingraziano le femmine coccolando i piccoli del maschio alfa, poi cominciano ad attaccarlo.
Gli elefanti si danno spintoni e colpi di proboscide da far crollare un grattacielo e gli erbivori dotati di corna si incastrano con una forza dell’ordine dei meganewton. Alla fine gli sconfitti si allontanano e la voce calda del commentatore suggella lo spettacolo col tono del saggio che ritiene che questo sia il migliore dei mondi possibili e che la virtù principale sia l’accettazione del fato.
Capisco che i combattimenti siano spettacoli interessanti – io come donna preferisco le danze d’amore: quando ho visto quella delle sule dalle zampe azzurre mi sono venute le lacrime agli occhi – e che possano risvegliare adrenalina e testosterone agli spettatori maschi al pari degli incontri di boxe e delle partite di calcio, ma dopo decine di documentari sui maschi alfa vincitori o spodestati, mi è sorta una pressante curiosità: qual’ è la vita quotidiana dei maschi non-alfa, quindi – dico io – omega?
Finché sono cuccioli, i maschi vengono mostrati al seguito della madre, che li nutre e li educa. Non sono ancora né alfa né omega, che beatitudine: sono solo cocchi di mamma. Poi se ne vanno e diventano omega, perché il maschio alfa è il loro padre. E dove vanno? I documentari li mostrano per un attimo gravitanti intorno al branco ma a distanza di sicurezza, con un misto di brama e timore, oppure raminghi, solitari o in gruppo, con aria apparentemente sfaccendata. Li mostrano per un attimo, perché evidentemente diventano interessanti solo se attaccano il maschio alfa.
Io personalmente ho visto due leoni – evidentemente omega – stesi all’ombra di un’acacia e li ho felicemente fotografati come gattoni dormienti. La guida del parco però mi ha smorzato l’entusiasmo dichiarandosi preoccupata per il fatto che giacessero come morti in una stagione in cui il caldo non era opprimente e spiegandomi che i leoni senza femmine patiscono la fame perché non sono bravi a cacciare.
Poverini! Ho immediatamente visualizzato i due leoni maldestri con lo stomaco gorgogliante beffati da tutti gli erbivori gnu compresi (a quanto si racconta gli gnu sono facile pasto di tutti i predatori) e costretti a cibarsi di topini, talpe e lucertole bicolori.
Non sempre il maschio alfa riesce a tenere a debita distanza gli altri maschi: in un documentario un vecchio macaco alfa vien fatto fesso da un giovane che si apparta con una femmina consenziente e fedifraga. Quindi, i maschi omega dei macachi, stanno in agguato e le femmine esercitano di nascosto il diritto di scelta. Mah. Questa storia, corredata da primi piani di macaco alfa sonnecchiante, macaco omega vigilante e macaco femmina ammiccante, mi ha ricordato l’intelligentissimo cavallo che va a chiamare aiuto per il cow-boy caduto nelle sabbie mobili, un classico dei telefilm western della mia infanzia.
Provate a cadere da cavallo in mezzo al bosco e vedrete come l’animale si adopererà per soccorrervi: approfitterà d’essere sgravato del vostro peso per masticare un po’ d’erba mentre voi vi rotolate dal dolore. Un lampo mi illumina la mente: vuoi vedere che anche i protagonisti di questi documentari sono antropomorfizzati e i documentari non sono tali ma storie montate ad hoc come Torna a casa Lassie di ahimè antica memoria, abilmente mascherati da opere di divulgazione scientifica?
Stando così le cose lo scopo non è la conoscenza ma lo spettacolo ed il messaggio non è – come nei succitati telefilm– “gli animali sono intelligenti e vanno rispettati perché provano attaccamento verso le persone e capiscono le situazioni” ma questo: “nella natura selvaggia vige la legge del più forte, del più scaltro, del più egoista ed il comportamento di costui è molto simile a quello umano, MA NON VA GIUDICATO MORALMENTE, appunto perché si tratta di animali, “INNOCENTI PER DEFINIZIONE”.
Ok. Peccato che l’antropomorfizzazione provochi automaticamente nella mente umana l’identificazione, uno dei terribili meccanismi psichici che tanto ci sono utili quanto dannosi, e che parteggiando per il macaco furbo (ammesso che lo sia), come il filmato induce a fare, si assume moralmente una posizione libertina! Di conseguenza, viene indotta la sospensione del giudizio morale anche sul comportamento degli esseri umani sfociando, nel migliore dei casi, nel “toutvabienisme”, felice neologismo francese, e nel peggiore dei casi nel “tutto è lecito” nichilista.
Si può sorridere alla storiella del macaco libertino ma a patto che non si paragoni la società umana a quella dei macachi o, meglio, non si prenda la natura selvaggia come una giustificazione a comportamenti antisociali degli esseri umani. Più ci si paragona agli animali, più ci si rispecchia in essi e più si diventa bestiali, ossia senza pensiero altruistico e ragionamento; il che fa comodo a taluni, detentori di certi poteri, che dallo stato di semi-coscienza dell’uomo comune traggono enorme vantaggio.
Io penso che la vita quotidiana dei maschi omega sia soltanto un vagare alla ricerca di cibo, un riposare spensierato al sole ed un altrettanto spensierato resistere al maltempo, alieni al tedio umano ed alle umane bramosie.
I maschi umani, invece, non sono né alfa né omega e le femmine non sono delle fabbriche di cuccioli o dei giocattoli erotici, ma esseri dotati di scintilla divina e chiamati, come dice padre Dante, “a seguir virtute e conoscenza”.
Purtroppo il substrato animale degli esseri umani soffoca spesso questa scintilla, a livello di singolo, di gruppi, di associazioni politiche, economiche, società e stati.
E’ possibile paragonare l’uomo al maschio animale ma, subito dopo, urge ricordare che il maschio della specie ‘uomo’ diventa uomo nel momento stesso in cui abbandona gli istinti animali primordiali crescendo ed evolvendo nel suo essere civilizzato. Ricordiamoci, quindi, che essere UMANI vuol dire passare da maschio a uomo e da femmina a donna, e non è cosa da poco!.
Divertentissimo e purtroppo conforme alla realtà! Gli esseri umani si comportano peggio del naturale istinto di sopravvivenza degli animali, poichè dietro il comportamento umano ci sono intenzione, egoismo ed ignoranza (in tutti i sensi!)
Il leone sdentato mantiene sempre la sua dignità, mentre la maggior parte degli animali-umani la hanno persa durante il percorso in-volutivo…