Alzheimer e la musicoterapia a 432 Hz del M° Rino Capitanata: un connubio che aiuta!
La parola ‘Alzheimer’ è una di quelle parole che al solo udirle stimola sensazioni di malessere ed innesca una subdola paura e, in effetti, questa è una patologia veramente difficile da accettare e, soprattutto, da contrastare.
Allo stato attuale, nonostante la ricerca continui nel suo meritevole lavoro, non esiste una terapia che possa ‘guarire’ quest’infermità che è fortemente invalidante e che coinvolge in un turbine di problemi non solo chi ne è affetto ma anche coloro che vivono con lui.
Chi viene colpito dal morbo di Alzheimer, che è una sindrome a decorso cronico e progressivo che può colpire persone anche relativamente giovani, incomincia ad avere sintomi come la mancanza di memoria ed i continui cambiamenti di umore. A poco a poco, con il progredire della malattia, la persona che conoscevamo svanisce come volute di fumo e questo ci lascia assolutamente esterrefatti in una impotenza d’aiuto che ci tormenta.
Quando ho letto che la musicoterapia con brani a 432 Hz era stata utile, sono rimasta colpita ed ho chiesto al M° Capitanata di spiegarmi come sia possibile; quella riportata di seguito è la sua risposta:
“Le note musicali possono aiutare a combattere l’Alzheimer perché nel cervello esiste un’area dei “ricordi musicali” in grado di restare intatta nonostante la degenerazione che la malattia produce.
Un team di ricercatori della California, ha studiato il rapporto tra musica e ricordi facendo una scoperta davvero interessante.
L’area dei ricordi musicali, sarebbe, infatti, in prossimità della fronte e ha la funzione di associare la musica ad eventi particolari a cui fa o ha fatto da sottofondo.
Questa zona funge da snodo tra la corteccia uditiva e la memoria, che infatti, riesce a riattivarsi anche dopo anni, quando ci capita di riascoltare un brano che in qualche modo ha segnato la nostra vita, rievocando il momento in cui quella musica è entrata a far parte del nostro cammino e le emozioni che abbiamo provato in quel momento.
Ragion per cui, i ricercatori sono convinti che quest’area è una delle ultime ad essere intaccata dal morbo di Alzheimer e può essere un ottimo trattamento per combattere la degenerazione che questa malattia produce.
In Italia ho collaborato con la dott.ssa Emanuela Pasin che ha utilizzato le mie musiche selezionate e sperimentate per più di 10 anni in un Reparto Protetto per Alzheimer ad alta intensità di disturbi comportamentali.
ecco la testimonianza della dott.ssa Emanuela Pasin:
Le musiche composte da Capitanata mi hanno permesso di trasformare l’umore triste in una gioiosa serenità sui volti dei pazienti, l’agitazione in danza, mi hanno aiutato a canalizzare la confusione in momenti di concentrazione, hanno permesso ai miei pazienti di superare la disperazione dovuta all’amnesia e hanno insegnato a noi operatori e familiari a rimanere nel qui ed ora, apprezzandolo come un momento sacro, godendo della compagnia e della gioia di ogni istante, nonostante la malattia.
Queste musiche sono fondamentali per poter fare riabilitazione, senza di esse non sarei riuscita a svolgere un buon lavoro terapeutico con questi malati, perchè troppo alterati e quindi poco disponibili alle proposte riabilitative e alla relazione con me.
La musica ha un potere straordinario per la guarigione e l’armonizzazione della mente, ne erano convinti fin dal Rinascimento quando Marsilio Ficino sosteneva “La musica è la medicina dell’anima, il doppio sonoro della vita ben temperata”.
La musicoterapia è una forma di terapia oramai ampiamente riconosciuta per la cura della malattia di Alzheimer, certo non risolve completamente una sindrome così grave e complessa ma permette, a volte meglio dei farmaci, di ridurre i disturbi del comportamento (apatia, agitazione, ansia, panico e aggressività) e migliora molto le relazioni tra i familiari, operatori sanitari e il malato, facilita e predispone ad un contatto umano più sereno e armonioso.
E’ uno strumento a mio avviso indispensabile, perchè con un costo esiguo ha un’efficacia straordinaria, penso che tutti, familiari, operatori, medici, terapeuti e strutture per anziani dovrebbero esserne provvisti per riuscire a creare ambienti più sereni, accoglienti e per ridurre la paura dei loro pazienti.”
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