Uscirono dalla vetreria lo stesso giorno.
Gli operai le trattarono con attenzione e cautela.
Le impilarono tra morbidi panni e poi le riposero in una cassa immerse di soffici materiali antiurto.
Erano sei lastre di vetro colorato.
Lastre blu, verde, fuxsia, giallo, rosso, viola.
Blu: “Avete visto come ci trattano?
Giallo: “Siamo certamente tra le cose più preziose dell’universo!”
Rosso: “I migliori tra i migliori però siamo noi!
Siamo il colore del sangue, della vita, della lotta!”
Verde: “I rossi si credono sempre speciali!”
Fuxsia: “Sono solo dei palloni gonfiati!”
La cassa fu chiusa, sollevata, caricata su qualcosa di veloce e puzzolente.
Le lastre, timorose e sorprese, tacquero per un po’.
Il viaggio fu lungo, ma alla fine la cassa tornò ad essere posata sulla salda terra e aperta.
Tutte: “Finalmente un po’ d’aria!”
Si trovavano in un grande stanzone, formicolante di operai indaffarati.
Uno di essi afferrò la prima lastra, quella blu, e tracciò sulla sua superficie degli strani ghirigori.
Blu: “Ehi! Smettila di farmi il solletico!”
Ma l’uomo impugnò uno strumento affilato e cominciò a tagliare la lastra in frammenti di varie dimensioni.
Blu: “No! Non rompermi, non rompermi!”
Tutte: “Qui ci fanno a pezzi!”
Rosso: “Facciamo sciopero!”
Ma non servì a niente
Una dopo l’altra furono fatte a pezzi.
Solo la lastra viola, facendo finta di niente, riuscì a nascondersi dietro un armadio.
Gli operai raccolsero i pezzi di vetro e li disposero attentamente su un grande tavolo.
Un pezzo rosso e uno giallo si trovarono a contatto e cominciarono a litigare.
“Non voglio stare vicino a questo qui!” protestavano il pezzo giallo e quello rosso.
“State lontano profeti di sventure!” gridavano i gialli ai verdi.
Ma i solerti operai non avevano finito e tra frammento e frammento fecero scorrere una lama ardente di piombo fuso che saldò in modo indissolubile un pezzo di vetro all’altro.
Questa volta i pezzi di vetro colorato in competizione tra loro, non ebbero neanche la forza di protestare.
Si rassegnarono.
Il loro destino era segnato per sempre.
Seguirono altri trasferimenti, altre sistemazioni.
Si trovarono in una specie di cantina buia, sotto una grande volta.
“Qui siamo tutti uguali: grigi e squallidi. Così va la vita!” sospirò un pezzo di giallo.
Giocarono un po’ agli indovinelli per passare il tempo ma si annoiavano e si addormentarono.
Poi arrivò la luce.
Furono svegliati da una sfilza di ” ohhhhhhhh ohhhhhh ohhhhh!”
Meravigliati, videro davanti a loro una folla che si accalcava con il naso all’insù.
Gli occhi della gente erano sgranati per lo stupore.
E nei loro occhi i vetri si rispecchiavano e poterono vedersi per la prima volta.
Ammutolirono per la sorpresa:
erano diventati una sbalorditiva vetrata multicolore che rappresentava una splendida Madonna con il bambino Gesù in braccio.
La luce del sole, che li aveva inondati, faceva risaltare ogni colore in tutta la sua intensità.
“Gente, siamo una bomba!” gridarono i rossi.
“Tutti insieme, effettivamente facciamo un certo effetto.” replicarono i verdi.
“Puoi ben dirlo, fratello!” esclamò il giallo.
Non aveva mai chiamato ‘fratello’ nessuno.
Finalmente i pezzi di vetro, nel loro piccolo colorato cuore, erano felici e appagati.
Insieme avevano capito il motivo per cui erano stati creati.
E la lastra viola?
La trovarono alcuni mesi dopo, dietro l’armadio.
Era coperta di polvere e, non sapendo che farsene, la buttarono nella discarica.
Considerazioni personali:
Davvero molto bello questo racconto e soprattutto, tanto significativo.
Quei pezzi di vetro in competizione sono come gli esseri umani, ognuno vuole primeggiare, ognuno crede di essere migliore dell’altro. Poveri illusi.
Si inizia già da piccoli ad imparare le tecniche della competizione. Ci insegnano che nella vita bisogna primeggiare “a qualsiasi costo”.
Bisogna essere il primo della classe, avere una posizione sociale più alta possibile, i migliori vestiti firmati, la più bella auto, il miglior cellulare, ecc.
Si, in una competizione continua, poveri illusi che non tengono conto che ci sarà sempre qualcuno migliore di noi.
Inoltre, sentirsi o voler essere migliori degli altri è sinonimo di insicurezza. Chi ricerca continuamente l’approvazione degli altri manca inevitabilmente di autostima.
Chi non prova gratitudine per quello che è, e per tutto ciò che l’Universo gli ha donato, resterà sempre una persona triste ed afflitta e non saprà mai apprezzare tutto ciò che di buono la vita gli riserva.
Come nel racconto, solo quando impareremo a sentirci una piccola parte infinitesimale di un Tutto infinitamente più grande, potremo comprendere ( prendere con sé) i veri valori che uniscono ed accomunano ogni essere umano.
Namastè ( mi inchino e saluto le qualità Divine che sono in te) dicono gli Indiani a mani giunte quando incontrano un’altra persona…
C’è tantissimo da imparare da questo saluto….
Un abbraccio di Luce buon fine settimana per tutti
Giuseppe Bufalo
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