Il castagno allargava la sua chioma su un angolo del giardinetto pubblico ed era profondamente felice. Ma non tutti, da quelle parti, condividevano la felicità dell’albero. Se qualcuno avesse avuto un orecchio particolarmente fine, avrebbe udito, quando qualcuno lodava l’albero, una voce, che protestava, stizzita: “Basta! È un’ingiustizia! Non ne posso più! A lui tutto, e a me niente!“
Chi brontolava così era un ramo. Un magnifico ramo, in alto, a destra, che scuoteva, con rabbia, le foglie.
“L’albero, sempre l’albero! Ma sono io, che faccio tutto! Io porto le foglie, porto i ricci che oltretutto pungono, e faccio maturare le castagne! Quando potrei riposare un po’, le foglie cadono, e resto qui, spogliato, a prendermi tutto il freddo e il gelo dell’inverno, i colpi di vento, la pioggia, e la neve…“
Il ramo era veramente furibondo! L’albero cercava, invano, di farlo ragionare: lo invitava alla pazienza, alla comprensione.
“Tu sei importantissimo, per me, figliolo! Sei un magnifico ramo, robusto, e pieno di vita. Mi sei caro, come tutti gli altri rami! Le lodi fatte a me, sono dirette anche a te e per tutti i tuoi fratelli! Che sarei io, senza di voi?“
Ma il ramo scricchiolava cocciuto e inveiva con parole che per buon gusto è meglio non ripetere. Il povero albero era preoccupato. E con ragione!
Il ramo ribelle, infatti, aveva escogitato un piano di fuga: se ne sarebbe andato, si sarebbe staccato dall’albero e si sarebbe messo a vivere per conto suo.
Un giorno di Marzo, un vento burlone e irruente si divertiva a mulinare intorno all’albero. Il ramo decise che era venuto il suo momento!
“Vento, ho bisogno di un favore.” – chiese, con una punta di umiltà, che non gli era propria. Staccami, dall’albero!“
“Come vuoi…” – Sibilò il vento.
Il vento prese a girare, sempre più vorticosamente, intorno al ramo, e a scuoterlo, con una furia irresistibile, finché, con uno schianto terribile, il ramo si staccò dal tronco.
“Evviva! Volo!” – gridò il ramo, strappato dal vento e sollevato sopra il recinto del giardino.
“Finalmente, sono libero! La mia vita comincia, adesso!“
Il ramo rideva, ed esultava: neanche le lacrime che scendevano silenziose dalla ferita dell’albero lo commossero!
Portato dal vento, che soffiava violento, con tutte le forze che aveva, volò, oltre il fiume, e atterrò, su un pendio erboso.
“Ora, decido io!” – pensò, mentre si sdraiava, dolcemente, nell’erba.
“Dormirò finché voglio e farò quel che mi pare e piace! Non dovrò più stare sempre appiccicato a quel tronco brutto e rugoso!“
Una formica gli fece il solletico e cercò di cacciarla, come faceva lassù, quando era attaccato all’albero, ma non ci riuscì!
Uno strano torpore, si impadronì di lui: non riusciva più a respirare!
Dopo qualche ora, le sue foglie cominciarono ad appassire. La linfa, che era la sua vita, e che l’albero, generoso, aveva sempre fatto scorrere in lui, cominciò a mancargli. Con infinita paura si accorse di aver già incominciato a seccare.
Gli venne in mente l’albero, e capì che, senza di lui, sarebbe morto! Ma era troppo tardi.
Avrebbe voluto piangere, ma non poteva perché, ormai, era solo un inutile ramo secco.
Considerazioni personali:
Questa storiella rimarca molto la nozione di separazione ma non è di questo che vorrei parlarvi (credo sia un concetto ben chiaro in ognuno di noi), ma di ciò che successivamente ne deriva. Perché credo sia molto più importante. L’idea della separatività, infatti, è già di per sé disarmonica e lontana dalle Leggi Universali, ma le sue conseguenze lo sono ancora di più.
Noi tutti siamo parte di un Tutto infinitamente più grande. Questo Tutto ci pervade e ci comprende.
Non c’è cosa più folle del far del male ad un’altra parte di questo Tutto ( esseri umani, animali, natura, ecc) e pensare di non doverne pagare le conseguenze sulla nostra pelle.
A tal proposito vorrei ricordarvi che esiste una Legge Universale, che possiamo trovare nei vari testi di tutte le religioni e culture del mondo. E’ una Regola talmente preziosa che, mettendola in pratica, non ci sarebbe più bisogno di applicare nessun altra Legge. Talmente preziosa da esser chiamata La Regola d’Oro o Aurea Regola. Vediamola nel dettaglio per come è stata tramandata nel corso dei secoli da ogni religione o cultura.
CRISTIANESIMO: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Vangelo secondo Matteo 7,12).
EBRAISMO: “Ciò che per te è odioso non farlo al tuo compagno. Questa è l’intera Legge” (31° Sabbat, Talmud Babilonese).
ISLAM: “Nessuno di voi è un credente finché non ama suo fratello come ama se stesso” (Profeta Muhammed, 13° dei 40 Hadiths Nawawi).
BUDDISMO: “Non ferire gli altri in maniera che tu non debba ritrovarti ferito” (The Buddha, Uadanavarga 5, 18).
INDUISMO: “Questa è la somma del dovere: non fare agli altri ciò che ti causa dolore se fatto a te” (Mahabharata, 5.15.17).
CONFUCIANESIMO: “E’ il massimo dell’amabile benevolenza: non fare agli altri ciò che non vorresti che essi facessero verso di te” (Confucio, Analects 15.23).
GIAINISMO: “Nella felicità e nella sofferenza, nella gioia e nel dolore, dovremmo avere cura di tutte le creature come abbiamo cura di noi stessi ” (Lord Mahavira, 24° Tirthankara).
SIKHISMO: “Come stimi te stesso, così stima gli altri” (Sri Guru Granth Sahib).
TAOISMO: “Rispetta la vincita del tuo prossimo come se fosse la tua, e la sconfitta del tuo prossimo come se fosse la tua” (Lao Tzu T’ai Shang Kan Ying P’ien 213-218).
BAHÁI: “Benedetto è colui che ama suo fratello prima di se stesso” (Bahá’ u’ lláh, Tablets of Bahá’ u’ lláh, Bahá’í World Centre, Haifa 1978).
ZOROASTRIANESIMO: “Non fare agli altri ciò che è dannoso per te stesso” (Shayast-na-Shayast 13.29).
RELIGIONE TRADIZIONALE AFRICANA: “Ciò che dai (o fai) agli altri, questo ti sarà dato (o fatto) a te” (Proverbio rwandese).
Credo che dopo questa esposizione non ci sia altro da aggiungere se non di METTERLA IN PRATICA.
Se non lo facciamo non abbiamo il diritto di chiamarci o farci chiamare Cristiani, Ebrei, Islamici, Buddisti, Induisti, ecc.
Credo che basterebbe mettere in pratica questa Regola per cambiare l’andamento del Mondo.
Eppure tanti Maestri e Profeti, in ere ed aree geografiche diverse, ci hanno portato questo messaggio.
Ma gli esseri umani (non tutti fortunatamente, ma gran parte di loro), come al solito, sordi alla Voce del Silenzio, non l’hanno mai messo in pratica e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Quindi da oggi, se diciamo di essere Cristiani, o Islamici, o Ebrei, o Buddisti, o Induisti ecc. e non mettiamo in pratica l’Aurea Regola, dovremmo vergognarci e considerarci dei “sepolcri imbiancati” come diceva Gesù il Cristo.
Un abbraccio di Luce buon fine settimana per tutti
Giuseppe Bufalo
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