Se Victor Hugo tornasse in vita e sfogliasse le riviste femminili che presentano modelle schierate a falange macedone avviluppate in improbabili vestiti ed acconciate in mise stravaganti, dopo “L’uomo che ride” scriverebbe “La modella che non sorride”. Non si lascerebbe certo scappare l’occasione di scrivere la triste storia di una ragazza che ha prestato il corpo, ma soprattutto il viso, agli stilisti con poco genio che la usano come un manichino, coprendola di abiti senza uno stile che dia loro coerenza o costringendola ad indossare, a mo’ di piercing al naso, dei baffi metallici in filigrana per richiamare l’ispettore Poirot, il noto personaggio di Agatha Christie. (Questa è l’ultima trovata della casa di mode Givenchy).
Lo sguardo delle modelle è fisso, assente, oppure è serio, accigliato o addirittura torvo. Sono ragazze giovani e belle, ma non trasmettono né gioia né freschezza. Il loro sguardo non vede e non sogna. A volte vengono imposti loro la bocca socchiusa e lo sguardo appannato del piacere, anche se il servizio reclamizza cappotti.
Ricordo le foto di mia madre da ragazza, quando nei leggeri abiti a fiori degli anni Quaranta correva in bicicletta con le amiche. Occhi ridenti, visi distesi ma soprattutto sguardi limpidi. La purezza dell’animo giovanile.
Non voglio dire che le modelle siano corrotte. Intendo dire che l’industria della moda impone loro di atteggiarsi in modo torbido, perché convinta che quello sia il modo giusto di proporsi per vendere; perché il torbido è più interessante, o perché, nella mentalità corrente, purtroppo da decenni, il successo non è più associato alla bravura ed alla capacità, ma anche e soprattutto ad un atteggiamento aggressivo, prevaricatore, senza scrupoli, che spesso sfocia anche nel comportamento conseguente. Un vincente, secondo tale mentalità, non ha lo sguardo schietto della persona onesta e rispettosa degli altri. Ed ecco che chi si è imposto per bravura, come Marco Mengoni, e aveva uno sguardo da bravo ragazzo, è costretto, nei video, a lanciare occhiatacce fulminanti e fare gesti “massonici” per confermare quanto sopra.
L’”uomo che ride” di Victor Hugo era stato deturpato da bambino per essere esibito ed ottenere elemosine, in un medioevo in cui esisteva la Corte dei miracoli, luogo di raccolta di veri e falsi invalidi o scherzi di natura. Le bambole che l’industria della moda e della musica ci presenta, sono i membri di una nuova corte dei miracoli. Non mi stupisce che molti video su You Tube dichiarino che la tale star sia morta anni fa e sostituita da un clone. Le donne dei video non sembrano umane ma degli umanoidi di plastica.
Le modelle di Givenchy, con le applicazioni di cristalli sul viso e le decorazioni in filigrana appese al naso, sono piaciute molto. Sono in effetti molto belle, ma io riuscirei ad apprezzarle se fossero dei quadri; essendo invece persone, mi assale la tristezza: quella tristezza che immagino proverebbe anche Victor Hugo, così sensibile alla dignità umana calpestata. Perché le modelle non hanno scelto tale decorazione; perché essa non ha il significato culturale e sociale degli analoghi gioielli marocchini o indiani; perché sembra nata soltanto per stupire noi, occidentali opulenti ed annoiati. Perché le modelle hanno sguardi assolutamente incolori, come se mancasse loro l’anima.
A conferma del mio sentire le dichiarazioni della modella Cara Delevingne (pare che in quanto a broncio non sia seconda a nessuno) in occasione del suo prematuro abbandono delle passerelle: “Odiavo il mio corpo e i vestiti che mi facevano indossare”. È probabile che fra dieci anni dirà la stessa cosa dei personaggi che le avranno fatto interpretare al cinema.
La spontaneità è meglio. Un bel sorriso è meglio. Cerchiamo di guardare gli altri con occhi ridenti e non torvi. Ma soprattutto, è importante indossare e fare ciò che ha significato per noi. L’anima scompare di fronte alla mancanza di significato o all’arbitrio altrui.