PERCHÉ HO DECISO DI NON VEDERE IL FILM “VERGINE GIURATA”
Anni fa lessi su un settimanale un articolo sulle “vergini giurate” albanesi. Pare che nessuno ne sapesse niente – albanesi di città compresi – prima della pubblicazione del libro omonimo.
Curiosità da antropologi. Le vergini giurate sono donne che, per godere degli stessi diritti degli uomini, hanno dovuto dichiarare solennemente di rinunciare al sesso ed alla vita femminile e di comportarsi da uomini. Non è una scelta privata ma pubblica, sancita giuridicamente: il diritto della società in cui vivono lo prevede come status sociale, per giunta abbastanza elevato. In pratica le vergini giurate barattano la vita sessuale e la maternità, che sarebbero vissute in condizione d’inferiorità rispetto all’uomo (che evidentemente ha piena potestà su moglie e figli) in cambio della libertà e del rispetto sociale. Si travestono da maschi per poter agire di testa propria; sembrano il negativo dei winkte Sioux, che si vestivano e si comportavano da donne per non dover sostenere le prove fisiche e morali che essere un Sioux maschio comportava e nonostante ciò avevano il proprio posto nella società. In certi casi erano persino considerati wakan, un po’ sacri, un po’ misteriosi.
L’ articolo era corredato da alcune foto che ritraevano queste donne: erano visi bruciati dal sole, sguardi fieri e determinati e promettevano racconti di un mondo, di un sentire e di un pensiero diverso. Erano sguardi di persone vere, non gli ammiccamenti delle plasticate bambole sessuali che ci perseguitano costantemente. Ciò nonostante, l’articolo non mi ha impressionata più di tanto: la storia è piena di vergini consacrate a qualche dio o a qualche idea: le Amazzoni, le Vestali, le Pitonesse, Giovanna D’Arco e le nostre – sempre più rare – suore cattoliche. Più interessante, per me, è stato leggere i commenti che i lettori hanno postato nei vari blog: orrore, bisogna fare qualcosa per quelle povere donne, questa è una barbarie, è una condizione innaturale, ecc. ecc. Costoro hanno percepito la “vergine giurata” come una donna mutilata e oppressa (una ragazza l’ha paragonata alla donna infibulata di certe tribù africane), semplicemente perché hanno letto che ha rinunciato al sesso. Beh, che orrore c’è in una SCELTA CONSAPEVOLE e SOSTENUTA DALLA COMUNITÀ DI CUI SI FA PARTE che permette di raggiungere un alto rango sociale e di vivere rispettabili e libere?
Visto che a quanto pare nella società contadina albanese la donna è considerata una proprietà dell’uomo al pari di una mucca, chi vuol essere invece considerata un essere umano ha la possibilità di evitare il destino da mucca rinunciando all’unione procreativa con l’uomo. L’orrore non è nella scelta della donna, ma nella considerazione che quella società ha della donna. Tutto sommato è una società civile in confronto a quelle in cui uomini vecchi possono stuprare bambine facendole passare per mogli, e uomini potenti possono comprarsi schiave e concubine. Per queste donne il sesso non è così divertente come viene presentato dalle soap opera. In simili società restare vergine ed essere rispettata è impossibile: è questo il vero orrore. ORRORE E’ NON AVERE SCELTA.
Ci fanno pena le suore che sono “spose di Cristo”? Se proviamo pena pensando ad una donna che ha consapevolmente rinunciato al sesso o, peggio, lo troviamo aberrante o assurdo, è perché siamo vittime del martellamento mediatico di questa società neo-libertina pan-erotica, che propone come modello gente che ha tutto e non rinuncia mai a nulla, che sente come imperativo categorico il provare sensazioni ed emozioni forti e gode a dissacrare qualunque credo, sia religioso sia laico. La moderazione, l’autodisciplina, la “continenza” (parola arcaica, desueta e ridicolizzata) sono virtù da imbecilli: certo, perché chi sa regolarsi non sarà mai un “perfetto consumatore” di qualsivoglia bene prodotto dalle grandi industrie. Da decenni la parola “peccato” è usata dai mass media, che blandiscono il consumatore, come sinonimo di “azione piacevole” e il sesso è presentato come il massimo del sollazzo auspicabile. Pertanto una donna che rinunci a tale sollazzo è una poveretta “da recuperare”… come potrebbero essere organizzati i Centri di Recupero per le Vergini Giurate? Una full immersion di videoclip di Miley Cyrus e di Grande Fratello?
Ma concentriamoci sul fatto meramente letterario. In letteratura si trovano a bizzeffe i racconti di vergini giurate che sciolgono i voti perché è arrivato l’eroe ad impalmarle, si suicidano perché tradite dallo stesso, vengono uccise perché scoperte ree di aver infranto i voti o, massimo della romanticheria, sono trafitte dall’amato che non le ha riconosciute, come accade a Clorinda ne la Gerusalemme Liberata.
L’opera Norma è la storia di ben due sacerdotesse druide che perdono la verginità a causa dello stesso uomo, tale proconsole romano Pollione, maschietto esuberante che evidentemente provava un particolare gusto a rovinare le druidesse galle.
Teseo sconfigge le Amazzoni e ne sposa la Regina – chissà se ne è stata veramente contenta? È dai tempi dell’antica Grecia che ci raccontano la favola della “bisbetica” domata, che alla fine convola a nozze col domatore diventato improvvisamente gentile e appassionato.
Il libro Vergine giurata, da cui ultimamente è stato tratto un film, racconta di una di queste donne che, avendo la possibilità di uscire dalla società che l’ha indotta a compiere quella scelta, s’innamora mandando all’aria il giuramento. Una specie di “Breaking Amish” mi sono detta (“Breaking Amish”: reality americano propinato sul canale Real time dove un gruppo di giovani Amish scoprono la bellezza degli eccessi delle grandi città come New York e Las Vegas. Addio cuffiette alla Mimì, gonnellone e pantaloni con le bretelle, salmi e vacche: diamoci dentro con le sbronze e le giocate al casinò…) oppure una storia simil-Cenerentola o Flashdance o Rocky, della serie “uno su mille ce la fa”. Evidentemente la storia di una donna, vergine giurata appunto, che decide di rimanere vergine e rimane vergine fino all’età senile, senza subire violenze né suicidarsi né morire ammazzata in modi truculenti o spettacolari non è interessante. Un eventuale film sarebbe un flop: non si potrebbero fare quelle belle scene di sesso che fanno cassetta.
A me è rimasto impresso il volto della vecchia vergine giurata che mi guardava con occhi lucenti dalla fotografia dell’articolo della rivista: è la sua la storia che vorrei leggere; vorrei sapere quali affetti ha provato, quali soddisfazioni, quali dolori, ma soprattutto quali prove fisiche e morali ha dovuto sostenere; vorrei conoscere la sua spiritualità, ossia il suo rapporto col divino. Vorrei la sua testimonianza di donna reale per dare un senso alle vite che non hanno avuto il lieto fine romanzato e per dimostrare che le eroine non sono soltanto coloro che spezzano le catene, infrangono le regole, rompono gli schemi, si ribellano, trasgrediscono. Chi resta fedele ad un’idea, un giuramento, un credo, un ideale, dalla mentalità corrente è considerato sempre e comunque un fesso, quando a volte è il vero eroe… Ecco perché, malgrado la curiosità mi pungolasse, ho deciso di non leggere il libro e non vedere il film.
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